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Biomasse di Vetiver
Coltivazione e resa del vetiver

La capacità delle piante di vetiver di produrre grandi quantità di biomasse e la velocità con cui queste si rigenerano anche senza apporti idrici, è chiaramente esemplificata da queste tre fotografie:

La resa in termini di produttività varia in base alla temperatura, agli apporti idrici e di fertilizzazione ed al sesto di impianto, e va dalle 50 alle 100 tonnellate per ettaro annuali di sostanza secca.
I test condotti negli anni (in asciutta e senza concimazioni) hanno dimostrato la validità di questa affermazione nel clima mediterraneo.

La capacità energetica si attesta intorno ai 7000 BTU/Lbs oppure 16282 KJ/Kg (dato in via di verifica di laboratorio anche per determinare le sostanze rilasciate e le ceneri) che assomma alla metà circa, del potere calorifico del carbone.

 

Il sesto di impianto intensivo può essere spinto fino a sistemare siepi distanti 50 cm con una densità sulla fila di 3.3-5 piante per metro lineare ottenendo così un totale compreso tra le 66,000 e le 100,000 piante per ettaro ottenendo rese comprese tra le 80 e le 120 tonnellate/ettaro di biomassa fresca per un totale lineare di 20Km equivalenti.

 

Per essiccare la biomassa, è sufficiente lasciarla a terra tre o quattro giorni, ma in un impianto intensivo non c'è lo spazio per operare in questo senso, la biomassa deve essere raccolta, contestualmente trinciata (falcia caricatrice) e trasferita su mezzi che la riportino in un sito adatto all'essiccazione.
I costi connessi ai mezzi, alle strutture e allo spazio di stoccaggio ed alla manodopera necessari per operare in questo senso, possono essere facilmente bypassati operando scelte diverse: qualora le siepi fossero disposte in spazi diversi, non necessariamente legati alla proprietà dell'impianto di trasformazione, ma diffuse in comprensori dove operano funzioni diverse, legate alla lotta alla desertificazione ed alla sostenibilità degli ambienti agricoli, si perseguirebbe un molteplice beneficio con una sola scelta politica, incentivando la piantumazione e legando i fornitori con vincoli di conferimento di semilavorato già imballato e pronto alla trasformazione. In questo modo vi sarebbe la sola necessità di stoccare rotoballe in attesa di trasformazione ed utilizzare il calore di risulta della trasformazione stessa per finalizzare l'essiccazione del prodotto che di li a poco verrà trasformato. I risparmi sono evidenti.

Per avere la certezza dei costi di approvvigionamento nel tempo e slegare le forniture dalle variazioni del mercato, rendendo sostenibile la pratica della trasformazione delle biomasse in energia, queste vanno prodotte, acquistate e trasformate in loco secondo logiche di "Filiera Corta".

Il vetiver consente, data la sua particolare fisiologia, di unire la produzione di biomasse ad altri utilizzi che siano di beneficio al territorio di applicazione: è infatti ben nota la capacità delle piante e del design applicativo delle siepi vegetative di controllare i sedimenti strappati dagli eventi meteorici (di crescente impatto) e di infiltrare nelle falde grandi quantità di acqua altrimenti perduta migliorandone la qualità e rilasciandola gradualmente aumentando la percentuale di umidità presente nel terreno.
Risulta perciò particolarmente interessante lo sviluppo di progetti che vedano l'applicazione delle siepi vegetative in ampi tratti di territorio soggetto a desertificazione, per il miglioramento dell'ambiente agricolo unito alla produzione di biomasse (vedi la sezione Sostenibilità Agricola).

 

Allo stesso modo, data la capacità delle piante di estrarre da suolo e acqua grandi quantità di inquinamento, risulta molto interessante per unire la produzione energetica intensiva al fitorimedio ed alla fitodepurazione.

 

L'inquinamento intrappolato nella biomassa delle piante di vetiver chiaramente non potrà essere rimesso in atmosfera bruciando o disperdendo il prodotto, ma trasformarlo tramite pirolisi veloce consente di comprimere notevolmente l'inquinamento concentrando nello scarto (biochar) gli inquinanti da trattare come rifiuto speciale.

Già oggi sono disponibili sul mercato brevetti che le aziende utilizzano per realizzare impianti di questo tipo.

La pratica di estrarre l'inquinamento dal terreno e dalle acque è estensivamente utilizzata all'estero per recupero di acque reflue, scarti minerari, discariche esaurite e smaltimento del percolato da esse prodotto.

Specialmente le acque reflue civili ed industriali appaiono particolarmente interessanti per produrre biomassa, data la concentrazione di Azoto e Fosforo che, rimesso in circolo inquina falde e terreni, ma ha un enorme potenziale per la produzione di biomassa in ambiente idroponico o tramite assorbimento in aree umide artificiali.

 

Marco Forti

Coordinatore Nazionale Vetiver Network